L’altro ieri sono andato all’Ospedale San Fungo di Ortonzola per accompagnare mia madre – va lì ogni sabato per drogarsi di Torodal con le infermiere – e chi ti incontro? Mercalli…! Come chi? Ma sì, proprio Mercalli, il bassista de Le Cose! Non riuscivo a crederci, una botta di culo pazzesca! Sono quasi due anni che non appare più in pubblico, dopo gli ultimi concerti del gruppo di fine ’38, e mi è sembrata un’occasione unica per uno scoop. Conoscendo la sua attitudine riservata, mi sono avvicinato di soppiatto, fingendo indifferenza e guardando le meravigliose gigantografie di clavicole appese alle pareti. Mercalli era seduto su una panca, davanti al corridoio che porta alle sale operatorie. Aveva dei grossi occhiali e un aria vacua; chiunque lo conosca un minimo avrebbe immediatamente capito che era molto preoccupato. Quando sono arrivato a circa due metri da lui, ho fatto la mia mossa, bluffando di brutto, e ho detto: “Brutta storia davvero! Mi è dispiaciuto davvero tanto!”. Non sapevo assolutamente di cosa stessi parlando, era solo un amo, per vedere se abboccava. Ma Mercalli niente, mantiene la stessa faccia di prima, sembra che non abbia neanche sentito. Mi schiarisco la gola. Poi riprovo: “Sa, sono un medico, mi hanno chiamato d’urgenza”, e indico verso il corridoio, “presumo che sia un parente… o un amico? Comunque si risolverà tutto, non si preoccupi”. Finalmente Mercalli si è girato. Mi ha guardato per dieci secondi e poi ha detto: “Risolve un cazzo”. E io: “Ma no, vedrà, non è poi così grave…”. E lui: “Appunto, non si risolve un cazzo. Quello mica muore”. Ops. C’era sotto qualcosa di molto più grosso di quanto potessi pensare. D’altronde è sempre così quando si tratta di Mercalli. Mi aveva spiazzato, non sapevo più che dire. Poi però dal corridoio è uscito un medico. All’inizio, con mascherina, camice, occhiali protettivi e tutto, non l’ho riconosciuto. Però c’era qualcosa nel suo modo di camminare che… ma certo! Era Bardot, il sassofonista del gruppo! Non sapevo che fosse medico… Si è avvicinato a Mercalli e gli ha sussurrato qualcosa; mi sono accostato in modo discreto e ho colto qualche parola: “… dispiace … niente da fare … provando …”. Mercalli ha cominciato a bestemmiare. Poi ha fatto una telefonata: “A Da’, nun ce sta gnente da fa, nun schiatta …. Sì, o so che ciaai messa tutta, ma nun è bastato, nun è … too detto che serviva er cric, bello piazzato, ‘nfronte. Nun me senti mai tu. Vabbè, vabbè, come dici tu… se, se. Vabbè, ciaone, vattelapiander…”. E ha attaccato. Poi si è rivolto a Bardot: “Annamosene va, magari se lo lasci a sti dottori riescheno a fallo fori loro… Noi nun ce potemo fa più gnente…”. Bardot ha annuito e si è tolto il camice, gli occhiali, i guanti, la cuffia chirurgica, buttando tutto a terra. Sotto il camice aveva una sega tagliagessi, che ha infilato in un cestino dei rifiuti. Poi i due sono usciti dalla scala anti-incendio, facendo scattare l’allarme. Nella confusione generale, ho pensato di infilarmi nel corridoio che porta alle sale operatorie; l’occasione era troppo ghiotta. Le sale sembravano tutte vuote, tranne una, che era piantonata da un infermiere dall’aria minacciosa, anche lui dall’aria familiare… forse… ma sì! Era Giambo, il batterista! Mi sono avvicinato ancora un po’, fino a quando ho cominciato a sentire un isterico chiacchiericcio provenire dalla sala operatoria. Era una voce che avevo già sentito, in particolare in tutta la serie infinita di Christmas Records de Le Cose. I possibili retroscena di tutta la questione mi hanno sconvolto. Sono corso da mamma e ho pregato le sue amiche di farmi immediatamente una pera di Toradol.
In Reparto Ortopedia con Le Cose
